Progetto 13 - Recupero bambini della strada
I bambini sono la categoria più esposta alle conseguenze della povertà: fame, malattie, nudità, evasione scolastica, ecc. Nella città di Quelimane sono molti quelli che vivono per strada; vengono accolti i maschietti nella Casa Speranza gestita dalla Diocesi di Quelimane e le femminucce nel Villaggio della Pace e nell’Istituto Livramento retti dalle Suore Francescane.
Possono essere sostenuti con adozioni a distanza con Euro 25 al mese.
Il Progetto 13 nasce nel 1990 a favore dell’infanzia abbandonata, per iniziativa di Suor Maria Albertina Teixera, dell’Ordine delle Suore Francescane dell’Ospitalità, profondamente toccata dalla situazione dei bambini di strada durante la guerra civile che ha sconvolto il Mozambico dal 1975 al 1992. Irmà Berta, come suor Albertina era da tutti conosciuta, è mancata il 7 ottobre 2012. La sua opera ha dato origine al Villaggio della Pace, che accoglie le bambine, e a Casa Speranza per i maschietti. A 20 anni dalla firma della Pace in Mozambico, il fenomeno dei ragazzi di strada, orfani o in situazione difficile affligge tutt’ora il Mozambico.
La testimonianza autentica di Irmà Berta:
Quelimane 27/8/’90
Da 15 anni il Mozambico soffre le conseguenze di una guerra sempre più insostenibile.Gli attacchi continui alla popolazione e la formazione di campi di rifugiati vicino alla città, provocano una serie di problemi. Le vittime maggiori di questa situazione sono i bambini; sempre più numerosi sono quelli che fanno della strada la loro casa. Alcuni di essi hanno appena 7/8 anni. Le conseguenze legate alla loro condizione di vita sono: sopravvivenza legata alla richiesta do elemosina o alle ruberie, malattie dovute alla mancanza di igiene,alla malnutrizione, alla nudità,evasione scolastica, vizi, delinquenza ecc.
La Chiesa missionaria si è proposta di intraprendere qualcosa per tentare di rispondere a questa situazione. Io volevo impegnarmi, ma da sola no sapevo cosa fare. Le richieste di aiuto erano urgenti. Alla nostra porta bussavano spesso bambini sporchi che chiedevano da mangiare e raccontavano le loro storie a volte vere, a volte false.
Il Consiglio Presbiteriale, messo a fuoco il problema, chiese a Padre Josè Simonini di cercare delle persone disponibili. Julia ed io demmo la nostra adesione.
Andando per le vie della città, trovai un gruppo di bambini sporchi e laceri, mi avvicinai e dissi che volevo chiacchierare un po’ con loro. Sorrisero contenti e alcuni spontaneamente andarono a chiamare altri amici. Feci qualche domanda:” Dove state? Cosa fate? Dov’è la vostra casa?”
“Andiamo avanti in qualche modo, non abbiamo famiglia, dormiamo nelle verande e nei sottoscala, ma a volte ci buttano l’acqua addosso o ci picchiano per mandarci via,”
“Dove e che cosa mangiate?”
“Mangiamo ciò che riusciamo a rubare al mercato, quello che cade dai camion quando c’è lo scarico delle merci e a volte ci danno un po’ di cibo.”
“Non vi piacerebbe andare a scuola per imparare a leggere e a scrivere, per farvi un futuro, per trovare poi un lavoro, per avere una casa una famiglia?”
“Sì, vogliamo andare!”
Dissi di volerli aiutare e chiesi loro di essere sinceri. Raccontai la mia condizione di povera, che non si aspettassero quindi denaro, né cibo, ma che più in là si sarebbe potuto costruire una capanna per farli dormire e che avrei fatto di tutto per procurare cibo, vestiti e una mamma o una coppia che vivesse con loro. Pertanto avrebbero dovuto prepararsi ad andare a scuola, a lasciare la strada e a cominciare una vita diversa.
Non avendo un luogo dove intrattenermi e lavorare con i bambini, chiesi al direttore del LAR di Transito, un convitto di ragazzi, il favore di lasciarci lavorare lì. Il direttore accolse la mia richiesta e ci diede cibo e ospitalità.
Cominciai ad andare lì tutti i giorni, a conversare con i bambini, diedi loro sapone parlaando della necessità dell’igiene, a stimolarli di avere pazienza, attendendo di avere i pantaloni e le camicie che stavo cucendo, i quaderni e le penne per cominciare a studiare, visto che non potevano andare a scuola essendo l’anno già in corso. Fin dall’inizio ho chiesto aiuto ai ragazzi più grandi del Lar per accoglierli ed impedire che altri li battessero. Alcuni furono disponibili ad aiutarli nello studio. Abbiamo formato tre gruppi secondo il livello ed abbiamo cominciato con il portoghese e la matematica. Poi ho cominciato con qualche semplice elemento di cucito.
In luglio suor Maria Vittoria, con mia grande gioia, è venuta in mio aiuto. Abbiamo sentito l’esigenza di una casa, perché se da un lato alcuni ragazzi del Lar aiutavano i bambini, altri si approfittavano di loro, spingendoli a rubare per ottenere denaro. La strada e il mercato continuavano ad essere la loro casa: restando nel Lar diventava quasi impossibile fare un lavoro efficace.
Suor Maria Vittoria ha preparato il progetto allo scopo di ottenere qualche aiuto per la costruzione di una casa in muratura e per il cibo. I bambini erano aumentati da 7 a 20. Cercandone uno che era fuggito e che poi abbiamo trovato addormentato coperto da un sacco, ne abbiamo raccolti altri. Ora sono 30.
In quest’anno scolastico i bambini hanno cominciato la scuola, alcuni con profitto, altri con difficoltà.
Quando avremo la cas il recupero sarà più facile.
Un altro obiettivo del progetto è scoprire le cause che hanno portato i bambini a vivere per strada e il loro reinserimento nella famiglia di origine o in una famiglia adottiva. Quando la casa sarà pronta organizzeremo i bambini a collaborare qualche lavoro domestico e a iniziare qualcosa di produttivo. Per questo abbiamo bisogno di un terreno da coltivare e di una sala per lo studio il gioco, le attività guidate. Ci necessitano cibo e vestiario.
In nome dei nostri bambini, ringraziamo tutti di cuore; che il loro recupero sia completo, sì da renderli persone libere, oneste, responsabili.
Sr. Maria Albertina Alves Teixeira
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