NON POTEVAMO DARE MA SOLO RICEVERE
di Rino e Daniela Andriano
Rino e Daniela, sposi il 18 luglio 1992, sono partiti per il Mozambico per fare un'esperienza missionaria a cui hanno attinto a piene mani.
Inizialmente volevamo andare in Africa un paio di mesi come volontari laici, per aiutare materialmente qualche missionario. Ciò perché eravamo completamente a digiuno della realtà delle missioni.
Successivamente contattando il segretariato delle Missioni estere cappuccine, ci siamo resi conto che non potevamo essere di alcun aiuto in una realtà a noi sconosciuta, sia per la difficoltà della lingua che per il tempo così ristretto da non consentire nemmeno di individuare eventuali campi d'azione in cui poter operare. Abbiamo quindi scoperto che, anche volendo, non potevamo dare ma solo ricevere.
Pertanto siamo partiti per il Mozambico, pronti ad avere una lezione di vita, pronti ad imparare dai poveri i valori ormai persi dalla nostra società e pronti comunque a condividere, almeno con i sentimenti, una realtà di miseria e di abbandono. Le nostre aspettative non sono andate deluse avendo ricevuto più di quanto sperato.
Abbiamo constatato nella cultura mozambicana, l'incarnazione di molti principi evangelici e questo indipendentemente dalla loro religione.
Subito è balzata ai nostri occhi la semplicità e la serenità con cui il popolo affronta la vita. Essi nonostante la grave miseria e tutte le tragedie della guerra, non si preoccupano mai del domani, vivendo alla giornata; cercando ogni giorno di procurarsi un pò di farina o altro per un pasto quotidiano e lasciando al domani le sue preoccupazioni. E se non sono riusciti a procurarsi il cibo rimangono sereni, sperando in un domani più generoso.
Ora anche se il loro agire è espressione di un fatto culturale più che spirituale, il Signore attraverso il loro esempio vuol farci capire quanto noi siamo lontani dal regno dei cieli nel momento in cui corriamo dietro ai nostri affanni e alle nostre preoccupazioni. Inoltre il Signore ci dimostra che se ciò è possibile a uomini, che magari ignorano il messaggio di salvezza che lui ha portato nel mondo, quanto è più facile per noi che siamo arricchiti della fede, affidarci alla sua provvidenza.
In questo modo, magari senza saperlo, vivono alla lettera quanto dice il Signore: «Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale più del cibo e il corpo più del vestito?» (Mt 7,25) e ancora: «Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 7,34). Naturalmente, accontentandosi di quanto hanno e comunque cercando solo le cose essenziali alla vita, incarnano anche il principio evangelico della povertà,
Poi, come tutti i poveri del mondo, hanno un'altra grande cosa da insegnarci: la condivisione. Per un povero, che soffre la fame, è più facile capire le difficoltà di un altro e quindi condividere quanto ha con altri che soffrono come o più di lui. E la condivisione l'abbiamo potuta constatare anche tra i bambini, quando ricevuta una caramella (novità rarissima per loro), non la mangiavano in segreto o la custodivano gelosamente, ma la condividevano con gli altri che non l'avevano avuta, passandosela di bocca in bocca.
In modo particolare dalla stessa condivisione nasce anche la loro profonda generosità che si manifesta pienamente alla presenza di qualche ospite. Quando hanno un ospite danno tutto quel poco o niente che hanno, rimanendo volentieri digiuni e concretizzando quanto afferma un loro detto: «Quando l'ospite mangia, il padrone di casa si sazia».
Noi stessi abbiamo dovuto mangiare alle mense preparate da comunità cristiane, che magari soffrivano la fame e che comunque in qualche modo erano riusciti a mettere insieme un pò di riso da offrire a noi.
Anche se ci sentivamo di sottrarre cibo a persone affamate e bisognose, nostro malgrado, abbiamo mangiato per soddisfare il loro desiderio di "comunione", con cui, come nell'Eucarestia, colui che si dona per amore, offre tutto se stesso.
Spesso, proprio quando di fronte alla miseria, ci si interrogava su cosa si poteva fare personalmente per quella gente, capitava qualcuno che per il solo fatto che tu eri li' ti dava in dono quanto aveva: una monetina, delle patate dolci o delle uova, magari dispiacendosi di non avere qualcosa di piu' grande da offrire. Ancora una volta ci davano una lezione di vita: a noi che avevamo tutto e che eravamo disposti a dare solo qualcosa di noi stessi, ad aiutarli senza compromettere le nostre tante sicurezze, loro offrivano tutto.
E il loro desiderio di comunione era veramente totale, in ogni Comunità cristiana che abbiamo visitato oltre ad essere accolti con danze, canti e fiori abbiamo sentito il loro desiderio di condividere i nostri eventuali problemi e di farci partecipi dei loro. Durante i dialoghi ci esponevano i loro problemi di vita quotidiana: case distrutte dai guerriglieri, notti passate all'aperto per paura degli attacchi, fame, miseria, aumento degli orfani e delle vedove e lo facevano non per avere qualcosa da noi ma per farci condividere la loro vita, poi volevano sapere se avevamo avuto difficolta' durante il viaggio o se i nostri parenti in Italia stavano tutti bene, per condividere loro stessi la nostra situazione.
I mozambicani sono stati per noi anche esempio di fede. Dovunque siamo andati, la domenica, per loro giorno di vera festa, si recavano presto in chiesa per le confessioni, giungendo a piedi da luoghi a volte lontani chilometri. Spesso coloro che si volevano confessare erano cosi' numerosi da costringere il missionario a dare l'assoluzione a quanti non avevano potuto confessarsi per mancanza di tempo. La messa durava dalle tre alle quattro ore, arricchita con danze dei giovani e canti ai quali partecipavano tutti. Essendo pochi, i sacerdoti sono costretti a girare tra le varie comunità cristiane per amministrare i sacramenti, ciò nonostante tutte le comunità celebrano di domenica la liturgia della parola, grazie all'animazione dei laici.
A Nangololo, il luogo dove i nostri missionari hanno aperto una nuova missione, la loro fede e la loro speranza sono stati per noi un esempio ancora piu' forte. Gente che da 27 anni e' stata abbandonata dai sacerdoti a causa della guerra, che nonostante tutto ha continuato a trasmettere alle nuove generazioni il proprio Credo. E li', nella miseria, l'unica cosa che quella gente ci chiedeva erano i rosari, perché per 27 anni la preghiera era stata la loro forza.
Oltre ad aver imparato molte cose, abbiamo visto tante cose belle: tra queste ciò che ricordiamo con più piacere sono i bambini. Sono tantissimi e bellissimi e quasi tutti, nonostante la fame e la guerra, sono pieni di vita. E' impensabile in Mozambico andare in jeep o trattore senza trascinarsi dietro una miriade di bambini esultanti e gioiosi e senza provocare una serie di manifestazioni di gioia anche nei più piccoli, al solo passaggio o alla semplice risposta al loro saluto.
E' normale anche vedere che i bambini a pochissimi anni sono responsabilizzati dalle madri, prendendosi personalmente cura dei fratellini più piccoli. Tutte le bambine che hanno la "sfortuna" di avere un nuovo fratellino lo portano sulla schiena avvolto in una capulana e lo fanno con molta attenzione e responsabilità.
Come tutti i bambini del mondo, imitano gli adulti e giocando imparano a lavare i panni, a cucinare, a portare qualsiasi cosa sulla testa assumendo un portamento invidiabile da qualsiasi indossatrice.
I maschietti esprimono tutta la loro fantasia e inventiva nella costruzione di ingegnosi giocattoli, realizzati con i materiali più semplici e di recupero. Canne di bambù, filo di ferro, pezzetti sferici di legno, diventano nelle mani di un bambino una bellissima macchina con ruote addirittura sterzanti.
Sono molto timidi e dove i rapporti con i bianchi sono più rari, il loro divertimento preferito è guardare come parlano, camminano, vestono questi strani animali che somigliano ad uomini. Sono capaci di guardare ore e ore un bianco o di seguirlo dovunque egli vada solo per appagare la loro curiosità.
Ma la guerra miete vittime e crea traumi anche in questi piccoli che normalmente sprizzano di gioia e di vita. A Morrumbala, ad esempio, in un campo di rifugiati, la fame, la nudità, il freddo e il terrore della guerra, sono riusciti a spegnere il sorriso dei bambini e la loro serenità. Li abbiamo visti fuggire al minimo rumore, evitare le nostre mani che cercavano di offrire una carezza. E' rimasta solo la curiosità, in quei corpicini seminudi e infreddoliti, stimolata dalla nostra presenza che nulla poteva offrire loro, se non un sorriso spesso senza risposta.
E' stato molto straziante vedere tanta sofferenza ed avere coscienza di appartenere a chi sta bene e che spesso ignora o dimentica coloro che soffrono. La cosa più demoralizzante è sentirsi impotenti di fronte a tanta miseria e sapere che sicuramente quella miseria non potrà mai, in alcun modo, nuocere alle nostre sicurezze. Ci si sente come un verme per il semplice fatto che si è vestiti bene di fronte alla nudità, che si è sazi di abbondanza di fronte alla miseria.
Spesso noi del "Nord" del mondo, ascoltando i problemi del "Sud", pensiamo che la prima cosa da fare per aiutare quella gente, sarebbe educarli a fare meno figli. E magari lo pensiamo anche per un certo timore: che all'aumento del numero degli abitanti della terra non corrispondendo l'aumento delle risorse, quella miseria che tanto ci "commuove" possa prima o poi nuocere anche alle nostre sicurezze.
In questa maniera dimentichiamo completamente che tutto ciò che siamo e ciò che abbiamo e' dono di Dio e che non spetta a noi decidere se una persona debba o meno nascere, in quanto ogni bambino e' creato a immagine di Dio per vivere e amare, e non possiamo impedire la sua vita temendo che non lo si potrà nutrire o educare.
Piuttosto impariamo dai poveri ad avere più fiducia nel futuro, ad avere sempre viva la speranza. Noi ricchi abbiamo pochi figli o spesso uno solo, perché temiamo un futuro difficile e peggiore, e ci rinchiudiamo nell'egoistico godimento del nostro benessere.
Credeteci, andando di persona in Africa ci si accorge che l'espressione piu' bella della Vita e' proprio quella dei bambini, con la loro gioia, la loro semplicità, il loro entusiasmo di vivere nonostante le sofferenze. In quella realtà, si capisce che se si fosse impedito a molti di loro di nascere, oggi non ci sarebbero meno problemi, ma soltanto meno gioia di vivere.
Un'ultima considerazione: se è vero che, grazie alla provvidenza divina, questo popolo normalmente vive le proprie sofferenze con serenità, è pur vero che Dio sicuramente vuol fargli sentire il suo Amore; e l'unico modo che ha per farlo è servirsi di noi. Pertanto ognuno di noi, quando si chiude nelle sicurezze del proprio egoismo, non fa altro che impedire al Signore di usarci, per portare il suo Amore a chi soffre.
Prima di concludere queste nostre impressioni vogliamo spendere due parole sui missionari. Innanzitutto li ringraziamo per la calorosa accoglienza che ci hanno offerto; ci hanno fatto sentire veramente in famiglia e spesso ci hanno pure trattato da sposini. Inoltre li ringraziamo per l'esempio che ciascuno di loro, nella propria originalità, ci ha riservato. Si potrebbe parlare a lungo delle loro qualità o meglio delle Grazie che il Signore ha donato loro; ma ciò che li accomuna tutti e' il loro grande amore verso questi fratelli, e ancora piu' grande e' l'Amore di Dio nell'usarli come strumenti per la realizzazione del suo Regno.
Per tutto quello che abbiamo vissuto e per l'arricchimento che ne abbiamo tratto, ringraziamo il Signore, che nella sua infinita Bontà ha voluto partecipare al nostro matrimonio con questo bellissimo regalo di nozze.
In occasione del loro matrimonio, Rino e Daniela, con grande generosità, avevano chiesto a parenti e amici, invece di un dono di nozze, un'offerta da destinare ai fratelli mozambicani. Hanno ricevuto £ 23.100.000.
P. Benito, che ha ricevuto la somma, ringrazia quanti hanno contribuito.
Carissimi amici, Pace e bene!
Desidero comunicarvi di aver ricevuto il vostro contributo a beneficio delle nostre missioni tramite i nostri comuni amici Rino e Daniela.
Dopo il loro viaggio in Mozambico, alla luce della loro esperienza, hanno espresso il desiderio di utilizzare le somme raccolte nel seguente modo:
- L. 5.000.000 per l'acquisto di materiale medico-chirurgico di consumo per l'ospedale di Quelimane (progetto n. 12 di "Missionari Nostri");
- L. 5.000.000 per il recupero dei bambini della strada, curato dalle suore francescane ospedaliere di Quelimane (progetto n. 13 di "Missionari Nostri");
- L. 5.000.000 per l'allestimento di nuove scuole nei quartieri popolari dei luoghi dove risiedono i nostri missionari, e/o per l'acquisto di materiale scolastico;
- L. 8.100.000 per l'acquisto di attrezzature e arredamento ospedaliero del reparto maternità dell'ospedale di Inhassunge.
Nel ringraziarvi di cuore per la vostra sensibilità d'animo nei riguardi di coloro che non hanno il necessario per sopravvivere, vi abbraccio fraternamente.
Padre Benito De Caro