AMBIENTE - LAND GRABBING

Il saccheggio nella terra d'Africa

Il “saccheggio della terra” (land grabbing) è posto in atto dalle multinazionali occidentali e anche da paesi emergenti come Brasile, India, Cina e Russia. Oggetto della loro cupidigia sono soprattutto le terre dell’Africa.

In Tanzania, la gente dei villaggi per prendere in fitto un mezzo ettaro di terra  arriva a pagare da  5.000 a 50.000 mila meticais. Gli investimenti stranieri per la produzione di biocombustibili starebbero monopolizzando queste terre al ridicolo prezzo di 30 mt l’ettaro. L’Etiopia, paese afflitto cronicamente da problemi di fame, i cui 13 milioni di abitanti dipendono per l’alimentazione dagli aiuti internazionali, è bersaglio delle multinazionali agro-alimentari e produttrici di biocombustibili indiane, cinesi, dell’Arabia Saudita. L’organizzazione dei contadini del Mali, denuncia che negli ultimi due anni 544.000 ettari sono stati occupati da multinazionali straniere. Lo stesso avviene in altre parti del mondo: Malesia, Filippine, Bolivia, ma soprattutto Africa. Qui non si applicano le leggi di mercato, ma la legge del più forte.

Land grabbing

“Land grab” si può tradurre con “rapina o saccheggio della terra”. Da un lato stanno i governi delle nazioni più ricche, che cercano terre per produrre alimenti per i propri cittadini o le multinazionali che cercano di produrre a prezzi più bassi, dall’altro stanno i contadini e le terre dove loro vivono da secoli, che garantiscono loro la sopravvivenza e il diritto alla vita, diritti sistematicamente violati. In questi ultimi anni, 201.000 milioni di ettari sono stati comprati, ceduti o fittati per un periodo da 40 a 99 anni.

Obiettivo Africa

Primo obiettivo delle negoziazioni: Africa con 134,5 milioni di ettari (70% delle terre contrattate), poi Asia con 43,5 milioni (20%) e America Latina, con 18,3. Seppure in minima parte, perfino le terre dell’Europa, le più povere sono obiettivo di questo saccheggio, con 4,7 milioni di ettari. In particolare, secondo una ricerca dell’OXFAM , obiettivo del land grabbing sono soprattutto paesi come Gana, Mozambico,Senegal,Liberia, Sudan del Sud, Etiopia, Tanzania, Mali…

Nuovo colonialismo

A occupare queste terre sono Cina, India, Arabia Saudita, Qatar; le multinazionali dell’alimentazione e dell’energia dei paesi occidentali, ma anche di altri paesi emergenti e aggressivi come Brasile e Russia. L’obiettivo principale di questi paesi  sarebbe quello di raggiungere una sicurezza  alimentare per le proprie popolazioni, data la crisi attuale. In realtà, secondo le ricerche più recenti e accreditate, il 37% delle negoziazioni avrebbe come obiettivo la produzione di biocombustibile, seguito dalla produzione agricola per l’11,3%, produzione di legname 8,2% e estrazione mineraria. E il resto? Resta come riserva per il futuro. I governi e le società in causa, naturalmente, negano queste percentuali. Per esempio la Cina nega qualsiasi aggressività nelle sue operazioni e anche l’India, le cui compagnie hanno comprato terreni in Etiopia affermando di investire per sviluppare un’agricoltura arretrata, con l’utilizzo di macchine e tecniche moderne. Con questi argomenti sono gli stessi governi locali compiacenti ad aprire le porte a nuove concessioni di terra, adducendo il motivo di modernizzare l’economia locale e difendere le scelte dell’esecutivo o del partito dominante.

Gli indignati della terra

Sfortunatamente, sono sempre i contadini a pagare, espropriati con estrema facilità dalle terre ancestrali delle quali non posseggono formali diritti di proprietà. Spesso è tolto loro il lavoro e il semplice diritto all’alimentazione e alla sopravvivenza. Recenti investimenti americani in Tanzania hanno avuto concessioni per 325.000 ettari laddove lavorano e vivono 162.000 persone. Molti di loro saranno destinati a lavori subordinati e malpagati, gli altri andranno in cerca di lavoro, emigrando nelle grandi città. Senza contare le perturbazioni ambientali, imprevedibili quando si parla di biocombustibili e manipolazioni per interessi particolari. E’ il caso riferito dall’Istituto Oakland: una società del legname di Noruega ha in progetto di sostituire 7000 ettari di foresta equatoriale in Tanzania con monoculture di pino e eucalipto per ottenere anidride carbonica per rivenderla al governo di Noruega.

Ci sono soluzioni per il land grabbing?

Poche e attualmente poco attuate. I contadini cominciano a organizzarsi, ma gli ”indignati della terra” ancora non riescono a far sentire la propria voce come gli “indignati” delle città… Le organizzazioni internazionali hanno cominciato a dibattere sui rischi e sulle conseguenze di questa forma di neocolonialismo. Alcuni paesi come l’Argentina e il Brasile hanno approvato leggi per limitare l’acquisizione di terre da parte di stranieri. C’è chi pensa di utilizzare lo strumento del Diritto Internazionale per difendere il “diritto all’alimentazione”.

Per i Paesi africani la strada potrebbe essere quella di adottare contratti che prevedano l’obbligo di una caduta positiva sulle popolazioni locali: strade, scuole, pozzi, acquedotti, posti sanitari … Tutto questo come condizione di concessione di terra. Potrebbe essere la via maestra da percorrere. Fino a quando la terra dei poveri continuerà ad essere oggetto di “land grabbing”?

Fonte Vida Nova