Those who chose to spend their life in mission lands

Padre Fortunato

Il Mozambico nel cuore per 42 anni in missione

 

Nella luce del SS. Crocifisso di Rutigliano

Il nostro fratello nasce a Rutigliano il 24 novembre 1943. La famiglia dimora nei pressi del Santuario del SS. Crocifisso, che, con la forza di devozione che lo circonda, diventa un punto di riferimento per il cammino spirituale del piccolo Cristofaro. Anche una sua sorella, suor Chiara, intraprenderà il cammino della consacrazione religiosa.

Nel 1954 viene ricevuto nel seminario di Francavilla Fontana e prosegue quindi gli studi tra Barletta e Giovinazzo. Nel 1957, a quattordici anni perde la mamma. Nel 1960 riceve l’abito cappuccino nel noviziato di Alessano. Fra Fortunato emette la professione temporanea ad Alessano il 17 settembre 1961. Emette poi quella perpetua a Terlizzi, l’8 dicembre 1964.. Nel frattempo ha iniziato gli studi di liceo a Terlizzi. Il 16 marzo 1969 mons. Michele Mincuzzi lo ordina sacerdote a Bari S. Fara. Dopo un brevissimo periodo a Rutigliano, parte per la missione della Zambesia inferiore, insieme a fra Zaccaria Donatelli, fra Bruno Guarnieri e fra Fedele Bartolomeo. Li raggiungeranno dopo breve tempo fra Benito De Caro, fra Camillo Campanella e fra Francesco Monticchio. Avrà avvio così, dopo il primo ventennio iniziato nel 1951, il secondo capitolo della storia della missione dei Cappuccini di Puglia in Mozambico.

 

Nel cuore di padre Fortunato, la missione in Mozambico 

Nel 1970 Fortunato è a Morrumbala come collaboratore di fra Prosperino Gallipoli. Egli racconta la sua esperienza in un testo fortemente autobiografico, Padre Prosperino nel ricordo di padre Fortunato Simone. Scritto in forma di lettera indirizzata a Prosperino, lo si può leggere nel sito www.pacebenemondo.it/missioni, e ne cito un passaggio: «I mesi passavano. Le mie prime impressioni sulla nuova realtà ti facevano riflettere e così le tue intuizioni postconciliari diventavano certezze. C’era da ridisegnare tutto il progetto missionario. Le comunità cristiane dovevano rendersi autonome per una crescita più regolare. Ai ragazzi si doveva aprire la strada della scuola superiore. L’evangelizzazione doveva guardare in faccia l’uomo reale: catechesi e sviluppo era il nuovo nome della missione».

Nel 1972 Fortunato rimane a Morrumbala come guardiano. Dal 1974 al 1976 è a Mopeia. Dal 1976 al 1979 svolge a Derre una feconda azione pastorale con fra Fedele Bartolomeo. Egli ne riferisce nel testo Derre: evangelizzare in tre lingue (cfr. “I Cappuccini di Puglia. 40 anni di cammino in Mozambico”, Bari 1991): «Non ci restava che iniziare a penetrare in questo ambiente e mettere in pratica quello che avevamo deciso nel Capitolo della Missione:

Il popolo ci accettò con simpatia, anche perché arrivammo quando tutti gli altri europei abbandonavano quella terra a causa della rivoluzione in atto. Fu un motivo in più per capire le nostre motivazioni evangeliche». In tale contesto, Fortunato incorre in un incidente. Si trova in viaggio per il Malawi ma alla frontiera di Milange viene fermato ed espulso dal Mozambico, perché in possesso di 200 mila lire necessarie al viaggio. Siamo nel pieno della rivoluzione marxista, e Fortunato è il primo della lunga serie di vittime che la missione dovrà soffrire.

Qualche mese dopo ritorna in Mozambico, ma vive un momento difficile. Medita di ritornare in Italia. Ha già il biglietto pronto, e però la carità gli fa cambiare idea. Incontra un giovane portoghese accusato ingiustamente dal partito di sabotaggio economico. Il giovane si salverebbe solo partendo immediatamente. Fortunato gli dona il suo biglietto, e rimane in missione.

Con molto coraggio, approfittando di una relativa calma nella guerra civile tra Renamo e Frelimo, prende l’audace decisione di riaprire la falegnameria a Morrumbala. Dalla fine del 1979 al 1982 lavora alacremente e riabilita la falegnameria, che però verrà distrutta dalla guerra nel 1982.

Dal 1984 è a Quelimane. Accetta l’impegno col Ministero dell’educazione di aprire ancora una falegnameria. La dirige per un decennio, rifornendo la Zambesia di lavagne, banchi, sedie e porte. Egli stesso racconta la sua esperienza nel testo Una falegnameria per la scuola (cfr. 40 anni di cammino in Mozambico, op.cit.). Ne riporto il passaggio finale: «La mia preoccupazione fondamentale è stata quella di rendere sempre più autonoma quest’opera, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello tecnico ed imprenditoriale. La Direzione è ormai autonoma nella gestione della falegnameria, nella pianificazione del lavoro, nella contabilità. Sento che al più presto non sarò più necessario. Solo allora questo progetto avrà la sua piena realizzazione».

Nel 1992, allorché nasce la Viceprovincia del Mozambico da due Custodie contigue, animate dalle Province madri di Trento e di Puglia, fra Fortunato vi entra a pieno titolo. Dal 1996 si divide tra Morrumbala e Mopeia, fino al 2006. A Mopeia nel 2007 costruisce una chiesa parrocchiale. A Morrumbala compra e sistema una casa abbandonata per la fraternità locale e costruisce una chiesa per questa popolosa missione.Con la nuova Associazione, nata nel 1993 e denominata “Associazione Agricola della Pace”, è evidente l’innovazione cha apporta fra Fortunato: cambiare il lavoro collettivo delle persone da cooperativa sotto il controllo dello Stato ad associazione di contadini gestita direttamente dai soci. Essa dispone di una concessione di terra di circa duecento ettari e arriva a produrre duemila tonnellate di riso d’una qualità particolarmente pregiata, oltre che granturco, fagioli, sesamo, girasole e ortaggi. «Come in tutte le cose di questo mondo, lui scrive in un articolo su Continenti (n.1/2011), anche l’Associazione, fondata per sviluppare attività agricole con gestione propria, soffre gli alti e bassi di coloro che si muovono nell’attività agricola. Lo stato di crisi permanente della regione, climatica e sociale, la non adattabilità della gente ai principi associativi e l’egoismo sono alcune cause che ritardano lo sviluppo di tutta la comunità, la quale assiste passivamente agli sforzi di pochi. L’inizio di una bella avventura.

Nel 2005 il IV Capitolo della Vice Provincia lo elegge Ministro vice Provinciale del Mozambico. Durante il suo governo organizza il cammino verso l’indipendenza economica della circoscrizione, avvia diversi giovani frati mozambicani verso percorsi di specializzazione e apre a Mopeia la casa delle Suore Francescane del Cuore di Maria.

Dal 2008 al Capitolo del 2011 è guardiano della fraternità di Morrumbala, proseguendo il proprio impegno per l’Associazione agricola di Mopeia. Intanto, fa sempre parte della Commissione fraterna per i Progetti di sviluppo. Durante il colloquio che ho avuto con lui quest’estate, all’indomani del capitolo della Viceprovincia, mi aveva confermato la ferma volontà di continuare a dedicare le proprie energie alla gente e alla Chiesa del Mozambico, finché la salute glielo avrebbe permesso.

 

È stato lanciato un seme e l’albero sta crescendo

 La scomparsa di padre Fortunato, avvenuta il 18 novembre 2011 a Quelimane, si colloca esattamente a sessant’anni dall’inizio della presenza della Provincia dei Cappuccini in Mozambico. Molto è cambiato dai primi tempi. Ma quante sofferenze! Le sofferenze dovute al disagio dell’inserimento in una terra affascinante e vitalissima, però dotata di un clima, di una cultura e di un modo di ragionare così diversi dal nostro. E le sofferenze dovute agli anni terribili della guerra civile: la fame, l’assenza di cure mediche e mezzi di comunicazione, le distruzioni delle case così belle costruite dai missionari, le espulsioni, i rapimenti, le uccisioni di P. Camillo e P.Francesco e Fra Oreste … Sebbene ci sarebbe da rattristarsi, tuttavia proprio padre Fortunato aveva un quadro di serena fiducia alla fine dell’articolo su Continenti (n.1/2011) : «Nonostante tutto, in questa regione dell’Africa e del Mozambico è stato portato il primo annuncio evangelico; è iniziata una nuova chiesa che deve continuare a crescere, accompagnando l’evoluzione dei tempi. È stato lanciato un seme e l’albero sta crescendo e potrà ospitare, tra i suoi rami, nidi fecondi di vita cristiana. I Frati Minori Cappuccini, che hanno contribuito ad impiantare anche l’Ordine Francescano, sono coscienti di aver stabilito il Regno di Dio in questa terra e potranno continuare il loro inserimento nella società, seguendo il proprio carisma, libero da condizionamenti umani».

Proprio così, carissimo padre Fortunato: è stato lanciato un seme e l’albero sta crescendo! Questo seme è il tuo corpo mortale, che è accolto dalla stessa terra dove riposano padre Camillo e padre Prosperino, ma è soprattutto la tua persona, il tuo ministero, la tua testimonianza. E grande dinanzi a Dio e alla Chiesa è l’albero che ne è cresciuto.

Carissimo padre Fortunato, ho avuto modo di conoscerti, spendere tempo con te e apprezzare la tua amicizia sia in Mozambico sia in Italia. Ti sono grato per la generosità con cui mi hai accompagnato a visitare le nostre presenze missionarie, da Nangololo fino a Maputo. Sono contento di averti affidato, il giorno prima del tuo ritorno in Mozambico, il tabernacolo per la comunità delle suore di Mopeia, piccolo, ma sincero segno di apprezzamento per una casa che tu hai avuto tanto a cuore. Mi colpisce quello che hai scritto a padre Prosperino, raccontando gli atteggiamenti della gente al suo funerale. Mi sembra che in questo ritratto tu abbia voluto riprodurre anche te stesso. Le parole che tu, da ministro, hai rivolto a Prosperino, adesso io, da ministro le rivolgo a te: «Certamente sei restato contento che finalmente tutti hanno potuto vedere quello che eri veramente: un frate minore, povero, al servizio dei più poveri, degli emarginati dalla società. […] Ti hanno coperto di fiori, e credo che continueranno a seguirti, perché sono ormai coscienti che, se vogliono star meglio, devono rimboccarsi le maniche come hai fatto tu. […] Ho capito molto bene il tuo messaggio fatto di parole e, soprattutto, di fatti!». Sì, carissimo padre Fortunato: hai vissuto la tua missione di francescano sacerdote soprattutto con i fatti, in una terra e in un tempo storico in cui l’evangelizzazione doveva tradursi in promozione umana.

Ma sempre il Vangelo deve tradursi in opere di misericordia, come ancora ci ha ammonito il Signore nella solennità odierna: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”» (Mt 25, 35-36.40). Hai onorato il Signore nei suoi fratelli, i battezzati, e ancora nei suoi fratelli più piccoli, i poveri. Perciò, carissimo Fortunato, siamo certi che per te, come già per Camillo e per Prosperino e per tutti i missionari che hanno dato la vita per il Regno di Dio in Mozambico, risuona la voce dolce e festosa del Salvatore: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo» (Mt 25,34).

 

fra Francesco Neri OFMCap

Ministro provinciale

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