APPUNTI DI VIAGGIO
di Padre Benito De Caro
E’ stato un viaggio lungo e faticoso quello effettuato in Mozambico nei mesi di luglio ed agosto: abbiamo percorso più di cinquemila chilometri, visitando villaggi e missioni, comunità nuove ed antiche, verificando il loro difficoltoso cammino verso la normalità, ma anche i loro progressi, ottenuti con l’aiuto dei Missionari e con la volontà di uscire dal tunnel di arretratezza in cui tanti anni di guerra li avevano costretti. Ho incontrato tanti vecchi amici, con cui ho condiviso gioie e dolori durante gli anni di vita missionaria e ne ho conosciuti di nuovi; dovunque abbiamo trovato una pronta e calda ospitalità, ancor più apprezzata quando arrivavamo accaldati e stanchi, con le ossa rotte ed i muscoli intorpiditi dopo ore ed ore in jeep su strade impossibili. Sempre c’era per noi un pasto pronto, una doccia rigenerante, un letto per riprendere le energie per ripartire il giorno dopo.
Le strade! Gioie e dolori del Missionario, che deve percorrere centinaia di chilometri per raggiungere le Comunità sparse nella vastissima zona a lui affidata e si ritiene fortunato quando torna a casa senza averci rimesso una balestra o una ruota. Alcune strade principali, ma pochissime, sono in via di sistemazione, con l’aiuto dell’ONU e della CEE, ed anche degli Italiani, ma la maggior parte porta ancora i segni dell’azione della guerriglia:
La cittadina di Morrumbala, che vidi prostrata durante gli anni di guerra, è un centro pieno di vita, campi ben coltivati a mais, fagioli, frutta e ortaggi, gente attiva, recupero edilizio. Ho incontrato molte vecchie conoscenze, adulti ed anche giovani che erano alunni della scuola della Missione ai miei tempi; molti di loro adesso ricoprono cariche di grande responsabilità a livello nazionale, regionale e provinciale in tutto il Paese. Ciò significa che la scuola della Missione sapeva forgiare gli uomini e prepararli alla vita. Oggi, in questa regione, grande come
Abbiamo visitato la vecchia Missione: è in condizioni disastrose, la grande chiesa è pericolante, tutto il resto del complesso è invaso dalla foresta. Di fronte, P. Prosperino ha creato un’Associazione agricola dotata di un mulino, che sembra prosperare.
Ho visto Comunità in progresso, come a Nangololo, Comunità vive nella fede. Con P. Francesco abbiamo confessato per ore e celebrato numerosi battesimi e matrimoni.
Altre Comunità sono ancora alla ricerca di una stabilità. Per esempio
L'Associazione Agricola di Mopeia, formata da P. Fortunato, ci ha ringraziato di aver risposto al SOS lanciato dopo l'alluvione. Grazie al nostro aiuto, hanno potuto ritentare una campagna di coltivazione del riso. Le prospettive dell'Associazione sono buone, soprattutto se diversificheranno le colture con produzione di cotone e girasole, in modo da produrre in vari periodi dell'anno prodotti richiesti dal mercato e di cui un'azienda portoghese assicura l'acquisto.
L'impressione è che la gente ha bisogno di essere guidata: il popolo africano è molto indolente, il clima, il colonialismo, la guerra, l'esperienza negativa del sistema comunista ne hanno minato la volontà. Spingerli a tentare nuove strade e lasciarli liberi di scegliere responsabilmente in base ai risultati ottenuti, è il sistema migliore per far crescere questo popolo.
L'antica Missione di Mopeia ci ha colpito per lo stato di degrado e di abbandono; colpevole non solo la guerra, ma anche la gente che ha depredato delle travi e delle lamiere di copertura la chiesa, la casa dei Padri e delle Suore, le scuole, i magazzini. Siamo riusciti a recuperare solo la campana della chiesa che abbiamo portato nella casa di Mopeia.
A Inhassunge, ho trovato un cambiamento positivo nella Missione, P. Gaetano e P. Alfonso hanno fatto un duro lavoro per trasformare la casa e l'orto, minacciati tra l'altro dall'erosione del fiume, e per riorganizzare le Comunità.
Suor Berta continua instancabile il suo lavoro con i Bambini della Strada: 35 gli interni, circa un centinaio gli adottati e quelli assistiti in esterno, a questi si aggiungono 60 bambine orfane o abbandonate, che, in attesa che venga consegnata loro la nuova sede, il Villaggio della Pace, vivono in condizioni logistiche piuttosto precarie. Suor Berta è aiutata da valide collaboratrici, sono mamme, studentesse, insegnanti, che si dedicano con amore al difficile compito di educare questi bambini.
Anche l'opera delle Suore Francescane di Maputo continua, oltre alla Mensa giornaliera, fornita a circa 100 bambini della strada ed a famiglie disagiate, è già attivo un convitto con 75 bambine orfane o in situazione difficile, che qui hanno trovato assistenza e affetto.
In conclusione, come dimostra questa carrellata del tutto rapida e incompleta, posso dedurre che è stato un lungo viaggio di lavoro è servito per capire i problemi, documentarli e cercare, in prospettiva, gli aiuti necessari. Il risultato è una visione d'insieme dei fatti e degli avvenimenti molto incoraggiante. Tutti i progetti vanno avanti con buon risultato, meritano quindi di essere sostenuti, perché in essi è riposta la speranza di molta gente e da essi dipende in parte la possibilità di costruire il loro futuro.