Irmâ Elisete Martins
Suor Elisete arrivò a Lourenço Marques (oggi Maputo) il 14 0ttobre 1967 e iniziò la sua missione nell’Istituto Nostra Signora del Livramento in Quelimane. In quella città le suore Francescane dell’Ospitalità dell’Immacolata Concezione esercitavano la loro attività sociale, apostolica e missionaria in un internato numeroso di bambine povere, una scuola primaria frequentata da centinaia di alunni, una scuola di dattilografia, di musica e scuola materna. Suor Elisete assunse la responsabilità dell’insegnamento e, due anni più tardi, della direzione della scuola e dell’animazione della Fraternità composta in quel tempo da 11 membri, tra cui Suor Berta. In quegli anni, nella città, almeno apparentemente, la vita scorreva tranquillamente. Di fatto si sentivano echi di guerra coloniale alle frontiere delle provincie del nord con i paesi vicini;il movimento delle truppe coloniali era un segnale inquietante. Fu a partire dal 25 aprile 1974, che a poco a poco tutto peggiorò. Le Suore Francescane dell’Immacolata Concezione cominciarono allora una collaborazione più stretta con i Missionari Cappuccini, per necessità di aiuto, chiarezza della situazione e perfino protezione. Proclamata l’indipendenza e dichiarate le nazionalizzazioni, tutto degenerò ancor di più; la vicinanza ai Cappuccini italiani si intensificò e fu per le Suore una grande risorsa in differenti situazioni di difficoltà in quel difficile periodo di transizione socio-politica. All’inizio del 1976 le Suore furono costrette ad abbandonare l’Istituto di Nostra Signora del Livramento nazionalizzato, andando ad abitare il piano rialzato, relativamente spazioso, di una casa ancora in costruzione, presso la nuova Cattedrale. I lavori furono conclusi grazie all’aiuto del parroco, Padre Francesco Monticchio, e di alcuni parrocchiani. Suor Elisete andò ad insegnare nella Scuola della Sagrada Familia e nel pomeriggio dava una mano in parrocchia, come già faceva prima, collaborando con i laici nella catechesi e nell’animazione liturgica. Fuori del recinto della Cattedrale non si poteva fare più nulla, né con i bambini, né con i giovani, né con gli adulti. Di fronte a questo scenario e all’assenza crescente di beni essenziali per la vita della popolazione in tutti gli aspetti, al degrado morale, allo stress, Suor Elisete, come molti altri, alla fine di agosto del 1981, decise di tornare in Portogallo. Dopo un periodo di riposo, le sue Superiore la inviarono a Roma nella Clinica Madonna di Fatima; studiò l’italiano, teologia e lavorò nella segreteria della clinica, non perdendo mai il contatto con i fratelli Cappuccini. Dopo la permanenza a Roma durata quattro anni, chiusa la clinica, giungevano insistenti dal Mozambico le richieste di farvi ritorno. Ponderando seriamente la decisione, con l’aiuto della preghiera, Suor Eliisete ripartì nel mese di ottobre 1986. In Mozambico imperversava la guerra civile più distruttrice di quella coloniale. La popolazione fuggiva dall’interno verso le città cercando sicurezza e cibo, cosa peraltro inesistente. Per obbedienza Suor Elisete rimase nel Convento S. Josè di Maputo e si integrò di nuovo nell’insegnamento con un contratto con il Ministero dell’Istruzione. A contatto con centinaia di alunni di 13 classi della scuola secondaria, subito si accorse della grave povertà in cui versavano le famiglie numerose e per così dire “messe da parte”. Dopo un anno di reintegrazione nell’insegnamento, la Congregazione pensò bene di affidarle il compito della formazione delle giovani che, in numero significativo, chiedevano di seguire la vita religiosa. Suor Elisete dovette quindi rescindere il contratto con lo Stato, per dedicarsi pienamente al delicato compito della formazione. Rendendosi conto del gran numero di bambini e adulti che ogni giorno bussavano alla porta del convento chiedendo cibo e vestiario, cercò, insieme alle consorelle, una soluzione al problema. Si faceva quel che si poteva con il poco che c’era. Fu così che, motivata da questa situazione,Suor Elisete si ricordò di ricorrere ai fratelli Francescani Cappuccini di Bari per ottenere qualche aiuto, non solo per quello che occorreva ai poveri, ma anche per le ragazze in formazione e per le Suore che vivevano in grandi difficoltà; era quella che si può definire lotta per la sopravvivenza. Si era alla fine degli anni ’80; gli aiuti cominciarono a giungere prima a partire da Quelimane, il che, data la distanza, era un problema. In seguito a poco a poco cominciarono a giungere vestiario e alimenti solo via mare, poiché la guerra impediva le comunicazioni via terra. Dopo gli Accordi di Pace, gli aiuti diventarono più consistenti e fu creata la Mensa dei poveri, una refezione servita inizialmente ai bambini seduti per terra: ciò che importava era avere qualcosa per combattere la fame. Gli anziani mangiavano alla mensa e portavano anche il cibo a casa. Questo fu possibile perché giungevano da Bari conteiners con pasta, olio, farina, latte in polvere, vestiario, scarpe, materiale scolastico, sapone e prodotti per l’igiene, medicinali, stoviglie per la cucina e la refezione della Mensa, ecc. ecc. Sono stati gli aiuti più preziosi che le Suore abbiano potuto ricevere per fornire assistenza ai più bisognosi, bambini, giovani, adulti, anziani. Sorse intanto la necessità di accudire i bambini di strada, maschi e femmine. In Quelimane è stata meravigliosa l’attività in questo campo di Suor Berta: il Villaggio della Pace per le bambine, la Casa Speranza per i maschi. A Maputo si è creata Casa Madre Clara per le bambine. Intanto è nata un’altra forma di aiuto, l’aiuto finanziario con OASI, le adozioni a distanza, ecc. Così si è manifestata la Provvidenza divina verso i suoi “preferiti”. Con tutte queste buone opere in cantiere, le Suore, sostenute da benefattori tanto generosi e perseveranti, hanno contribuito alla ricostruzione del Paese e del suo tessuto sociale. Suor Elisete continuò a prestare ancora servizio nell’Istituto S. José di Inhambane, Bisognosa di ritemprare le forze e di curare la salute, rientrò in Portogallo nell’ottobre del 2003, grata e felice per tutto il bene fatto e conscia che queste opere di bene erano ben avviate e ben sostenute.Elisete Martins
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